Vi avevamo già parlato di impianti di condizionamento dell’aria in relazione alle modalità di trasmissione del Covid-19 e delle indicazioni pubblicate dall’AiCARR. Ritorniamo sul tema della prevenzione perché con l’avvio della famigerata riapertura delle attività produttive e commerciali, ma soprattutto con l’arrivo della stagione calda, sono in molti a chiedersi che ruolo abbiano gli impianti di trattamento dell’aria nella diffusione del virus in ambienti chiusi. La risposta dipende innanzitutto dalla tipologia di impianto e dell’ambiente servito.
Impianti residenziali
In assenza di contagiati non ci può essere il virus, per cui l’accensione dell’impianto di climatizzazione non influisce in alcun modo sul rischio di contagio.
Se vi fossero dei contagiati, sarebbe la loro presenza a determinare il rischio che non aumenterebbe con l’accensione dell’impianto. Ad ogni modo, il comportamento migliore da adottare per ridurre il rischio di contagio per via aerea è quella di ventilare il più possibile gli ambienti interni con aria esterna.
Impianti trattamento aria a servizio di un unico ambiente
In questo caso si tratta di strutture come centri commerciali, grandi negozi, ristoranti, bar, che non presentano divisioni tra i diversi ambienti, dove vi è un’unica unità che assolve al mantenimento delle condizioni ambientali.
In questi casi è fondamentale aumentare la portata dell’aria esterna per ridurre il rischio. L’eventuale ricircolo dovrebbe essere sempre chiuso. Laddove ciò non sia realizzabile, vi è la possibilità di dotare l’impianto di trattamento dell’aria di opportuni sistemi di disinfezione a lampade UV-C, apparecchiature esistenti da tempo, ideali per ridurre le contaminazioni aerotrasportate, anche se la loro efficacia contro il virus COVID-19 non è stata ancora testata.
Impianto trattamento aria a servizio di più locali
Per quanto riguarda gli impianti che, per la loro tipologia, collegano zone diverse di un edificio, è indispensabile fare in modo di trattare esclusivamente aria esterna, al fine di evitare di trasmettere il contagio per via aerea da un luogo all’altro.
Impianti a solo ricircolo
Solitamente ricadono in questa categoria i piccoli impianti gestiti da un’unica unità che va a servire più locali. In questo caso se è vero che le unità virali per volume diminuiscono, è altrettanto vero che, avendo il ricircolo dell’aria in comune per tutti i locali, qualora sia presente una fonte di contagio, la contaminazione avverrebbe da un locale all’altro.
Impianti a servizio di singolo ambiente
Rientrano in questa categoria gli impianti con terminali ambiente tipo ventilconvettore o split. Tali apparecchiature ricircolano esclusivamente l’aria nell’ambiente in cui sono installati. Sono dotati di filtri che però non trattengono l’aerosol.
Non ha alcun senso interrompere il funzionamento dei terminali perché il rischio di contagio (sempre qualora vi sia la presenza di una persona contagiata) rimane inalterato.
Anche per questi ambienti vi è la possibilità di inserire delle apparecchiature stand-alone dotate di lampade UV-C. Come per gli impianti di trattamento dell’aria a servizio di un unico ambiente, ad oggi non vi è alcuna prova dell’efficacia delle lampade UV-C contro il COVID-19.
Ulteriori considerazioni sulle apparecchiature contenenti lampade UV-C:
- devono essere realizzate e certificate per poter funzionare nel luogo dove vengono posizionate;
- per la scelta della tipologia di apparecchiatura occorrerà tenere in considerazione l’eventuale presenza di persone.
Queste sono le indicazioni contenute nel prontuario dell’AiCARR,l’Associazione Italiana Condizionamento dell’Aria, Riscaldamento e Refrigerazione a proposito degli impianti di trattamento dell’aria. Ricordiamo però che per tutelare gli ambienti di lavoro è indispensabile attuare tutte le misure contenute nei protocolli del Governo sulla sicurezza dei lavoratori.